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Polis Aemilia: il nostro incubo politico

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Sono arrivato lungo, e me ne scuso, ma presento lo stesso un libro di fantascienza che riscatta ampiamente un genere oggi in forte ribasso. Si chiama “Il re nero”. La particolarità sta nel  fatto che l’ha scritto un reggiano e ha vinto nientemeno che il Premio Urania 2010, il massimo riconoscimento letterario di questo settore. E’ stato pubblicato in novembre proprio nella prestigiosa collana della Mondadori.

 Dopo un inizio noir un po’ di maniera, il romanzo decolla e si arriva a divorarlo affascinati dalla storia e soprattutto dallo sfondo, dal paesaggio sociale descritto con notevole abilità, senza eccessi e momenti di noia.

 

 

 

 

 

 

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La trama: in un futuro non tanto lontano una giovane prostituta muore e viene accusato un politico. Siamo a Polis Aemilia, megalopoli che unisce Bologna, Modena e Reggio in un unico agglomerato urbano: Imola è un grande carcere, estensione della Dozza; Bologna l’Acropoli, città del comando, degli affari e della moda; Modena il Policlinico, città dell’altro comando, quello medico e igienico sui corpi; Reggio un grande cimitero in un polmone verde. In questa società chiusa in se stessa, nella quale comanda un governatore da una torre, si relega alle Zone Blu la massa dei non-cittadini usati come lavoratori. Del delitto si occupa Riccardo Mieli, un investigatore privato sui generis e un po’ sbruffone, a sua volta vittima di una grave violenza che lo ha segnato per sempre. Dietro le sue indagini si muove uno scontro tra i misteriosi Dissonanti, protagonisti di un passato violento che a poco a poco emerge, il potere politico e i potenti Corpi Medici, che controllano la popolazione. Fuori da Polis Aemilia, dubbio avamposto di civiltà emiliana, non si sa bene cosa si muova ma nel finale del romanzo si capirà cosa sta capitando all’Italia e all’Europa.

  Lo scontro tra poteri e contropoteri si muove su una specie di scacchiera che ha come mito negativo il Re Nero. Il libro procede implacabile verso questa battaglia nella quale è risucchiato il protagonista. La trama non solo è altamente realistica ma forse probabile. E’ il futuro che ci aspetta visto con un raffinato occhio disincantato che non è mai cinico, al di là delle battute convenzionali da giallo americano del nostro detective. Tutto sommato, il libro di Maico Morellini, reggiano classe 1977, è davvero qualcosa di raro nel panorama italiano. Ed è anche ben scritto. Ma ciò che più colpisce nella sua narrazione è questo sfondo emiliano cupo e realistico: Reggio, Modena e Bologna unite in un grande progetto di sinergia politica nel quale le città incarnano delle funzioni non solo di vita e di morte ma anche di controllo totale. Quello che dovrebbe essere un amato governatore è di fatto un ambiguo dittatore. Nessuno spazio è lasciato alla dissidenza. L’identità etnica emiliana è difesa in modo totale, attraverso pompose cerimonie inventate per le élite e la riscoperta di una religione che è un comodo miscuglio di cristianesimo e paganesimo antico. Insomma, sarà tutta un’invenzione questa Polis Aemilia ma la violenza e la repressione che sprigiona sono concrete e dolorose. Sono notevoli le descrizioni delle nostre città in un futuro prossimo, compreso – per quello che riguarda Modena – un Policlinico che diventa sede di un potere sempre più schiacciante sul cittadino e la sua salute.

 

 

 

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Maico Morellini non è un debuttante del romanzo. Alle spalle ha già due raccolte di racconti pubblicate nel 2000 e nel 2001 ed ha ricevuto segnalazioni al Premio Lovecraft per il genere fantascienza horror. Oggi consulente informatico, abita a Bagnolo in Piano, ma ha un’accidentata carriera di studi che dopo la maturità lo ha portato a studiare anche a Modena  come tecnico sanitario di laboratorio, un diploma universitario che doveva conseguire al Policlinico. Un’esperienza che gli ha aperto gli occhi sugli ospedali e la loro gestione.

 “Sono un tecnico sanitario e un geologo mancato – mi spiega quando ci ci incontriamo a Modena – ma ho sempre scritto, fin dalle medie. Allora mi nutrivo di fantascienza classica (Asimov, Lovecraft, il ciclo di “Dune”, anche Dick) ma erano soprattutto Dylan Dog e i romanzi fantasy il mio riferimento letterario. Ho passato la mia adolescenza divorando questi romanzi. A forza di leggere e vedere film, mi sono messo a immaginare storie e poi a scriverle. Mi riusciva bene e così ho pensato alle prime raccolte di racconti”.

 Per scrivere “Il re nero” Maico ha impiegato quattro anni, dal 2003 al 2009. Il romanzo è stato rifiutato da alcuni editori. “Non l’hanno neppur letto – mi spiega rassegnato – c’è molta prevenzione per il genere fantascientifico. Lo so perché mi è stato riferito più volte”. Invece, al posto giusto ottiene subito il massimo riconoscimento: nel 2010 vince il prestigioso Premio Urania, istituito dalla Mondadori, e ha l’onore, raro per un italiano, di entrare nella collana. In novembre è arrivato in edicola.

 

 

 

 

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Gli chiedo come è nata questa idea della Polis Aemilia e del controllo politico esasperato sul territorio. “Non ho fatto altro che estremizzare le tendenze della politica locale di questi anni – mi spiega – ho sviluppato ciò che vedevo. Guardavo le persone che pensavano di salvarsi chiudendosi in casa per paura del mondo esterno e illudendosi di costruire un mondo felice perché fuori tutto fa schifo. Insomma, sappiamo tutti cosa sta succedendo a livello politico e come sta andando a finire”.

Polis Aemilia è una città stato. “Ho pensato ai politici che riprendevano il mito della Polis greca, quella di Pericle. Si sa che è ancora popolare questa idea di democrazia e quindi potrebbe funzionare come riferimento. D’altra parte la grandezza classica è un motivo utilizzato delle dittature e non solo. Crea coesione: se gli ateniesi hanno ottenuto questo successo, pensano i politici, anche noi lo otterremo. L’idea di cittadinanza, che oggi è molto di attualità, diventava un modo per distribuire vantaggi e privilegi chiudendosi in un mondo separato mentre il resto non funziona. La risposta che immaginavo era quindi una chiusura a riccio, una separazione dal mondo estero, anche se poi, come si vede alla fine del romanzo, non è così. Il Governatore è un dittatore, è vero; è uno che ragiona per tutti e si fa carico delle peggiori verità; ma è anche una figura in parte positiva. La dissidenza? C’è un sottobosco politico ma non è tollerata apertamente in un mondo del genere”.

Come può funzionare un sistema politico locale del genere? “Dev’essere impermeabile, non corruttibile, pianificato in tutto”.

Sembra l’Unione Sovietica di Breznev. “In effetti, il modello non è lontano. Tutto viene gestito a livello centralizzato, come avviene a Torre Imperium. Deve comprendere il controllo dei corpi e della salute. Deve generare nuovi rituali, come la Cerimonia dell’acquisizione a San Petronio. Dietro, c’è una storia di violenza che è stata cancellata dal ricordo collettivo ma che poi affiora”.

L’urbanistica diventa una scienza di potere totale. “E’ così. Polis Aemilia nasce come mondo separato. Ogni città ha una funzione, poi ci sono zone meno controllate, come le Casse di espansione del Secchia. E’ un potere comunque piccolo e chiuso che riesce a creare un rituale suo, ma poi i cittadini ci credono? E’ questo il tema che si sviluppa nel romanzo”.

Maico mi spiega come la storia sia condotta come una partita di scacchi: “E’ un gioco che mi appassiona e che trovo violento. Ha un carico di stress e nella narrazione credo che emerga”.

 Gli chiedo di tutte queste droghe che si iniettano con disinvolta i personaggi: “Sono droghe o medicine? – mi replica – me lo chiedo anche io. Oggi la differenza è labile e solo la prescrizione del medico rende legale o illegale una sostanza. E’ un grande tema, questo. Anche il tema dei virus e delle mutazioni genetiche è quanto mai attuale e nei film si trovano molti spunti”.

 Mentre parla mi pare di trovarmi già vicino a Polis Aemilia.

 

 

 

 

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Vi consiglio  “Il re nero”. In edicola non c’è più, ma si può chiedere l’arretrato all’edicolante: arriva in due settimane. Oppure si ordina per posta o via email:  collez at mondadori.it


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